Zolfo
Proprietà e composti dello zolfo
Essendo un elemento che si trovano in natura allo stato libero, lo zolfo fu conosciuto e impiegato fin dalle epoche più antiche (ma solo nel 1777 Lavoisier confermò scientificamente che si trattava di un elemento chimico).
Il suo termine deriva probabilmente dall'arabo sufra (= giallo).
È largamente diffuso in natura sia allo stato naturale che combinato nei composti ed è costituito da molecole formate da otto atomi di zolfo (S8), che sono disposti su due piani paralleli a formare un anello.
Nella crosta terrestre, lo zolfo è presente sia allo stato elementare che sotto forma di solfati, come il gesso, l'anidrite e la barite; è presente anche nei solfuri dei metalli pesanti, come per esempio la pirite, la calcopirite e la blenda.
Nei carboni fossili lo zolfo è generalmente presente sotto forma di solfuri metallici, nei petroli grezzi si ritrovano discrete quantità di zolfo sotto forma di elemento libero discioltovi o in composti organici.
Lo zolfo è un elemento poco reattivo a freddo, ma è in grado di combinarsi a temperatura elevata con la maggior parte degli elementi non-metallici (tranne azoto e gas nobili) ma anche con la maggior parte degli elementi metallici (tranne oro, platino e iridio), con idrossidi alcalini e con un grande numero di composti organici.
Lo zolfo è un solido tenero e fragile, di colore giallo trasparente, insolubile in acqua, che esiste in numerose forme allotropiche (amorfe e cristalline).
La forma stabile a temperatura e pressione ambiente è quella cristallina ortorombica (forma a) la quale, per lento riscaldamento, a circa 95 °C si trasforma in quella monoclina (forma ß), che a sua volta fonde a 119,2 °C, mentre se lo zolfo ortorombico viene riscaldato rapidamente permane come tale in stato metastabile, per fondere poi tra 110 e 113 °C; a pressione superiore a 1288 atm termina il campo di esistenza della forma ß.
Queste due forme (e una terza, la forma γ monoclina come la ß), molto solubili in solfuro di carbonio, benzene e altri solventi organici, sono costituite da cristalli molecolari di molecole S8 (cicliche e non planari) e sono generalmente ottenibili per raffreddamento in svariate condizioni dello zolfo fuso a temperature di poco superiori a 120 °C, o per cristallizzazione da soluzioni.
Se lo zolfo fuso viene portato a temperature intorno a 200 °C e raffreddato molto rapidamente, si ottiene il cosiddetto zolfo amorfo, inizialmente plastico e stirabile in fili e dopo qualche giorno più duro e fragile, solo parzialmente solubile in solfuro di carbonio: esso deve essere considerato come una miscela di diverse forme allotropiche, amorfe e cristalline, costituite sia da molecole cicliche (soprattutto S4, S6 ed S8), sia da vere catene lineari polimeriche —(S)n—, cristallizzabili sotto stiro (zolfo fibroso).
Tutte le forme allotropiche dello zolfo tendono comunque, a temperatura e pressione ambiente, a trasformarsi più o meno velocemente nella forma a.
Zolfo
Composti dello zolfo
Per quanto riguarda i composti dello zolfo, sono stati descritti non meno di una cinquantina di alogenuri, per la maggior parte composti fluorurati e clorurati.
Tra questi in particolare si possono ricordare il tetrafluoruro di zolfo SF4, e l'esafluoruro di zolfo SF6; il dicloruro di dizolfo, S2Cl2, e il dicloruro di monozolfo, SCl2, sostanze molto reattive usate come intermedi e reagenti chimici.
Tra gli ossoalogenuri i più importanti sono il cloruro di tionile SOCl2, e il cloruro di solforile SO2Cl2. Hanno largo impiego come agenti cloruranti nelle sintesi organiche.
Tra i composti con il carbonio il più importante è il disolfuro di carbonio, CS2 (detto semplicernente solfuro di carbonio).
È un liquido incolore o giallognolo, volatile, dall'odore intenso e nauseante, infiammabile; è largamente utilizzato nella produzione di fungicidi (anticrittogamici) e come solvente.
Esistono numerosi nitruri di zolfo, tra i quali il meglio conosciuto è il tetranitruro di tetrazolfo S4N4, a struttura ciclica, ottenibile per reazione tra S2Cl2 e NH3.
I composti zolfo-idrogeno prendono il nome di solfani e corrispondono alla formula generale H2Sn (e alla struttura H—S—S(n-2)—S—H); il più semplice tra questi è il monosolfano, indicato comunemente come solfuro di idrogeno (o idrogeno solforato o acido solfidrico), H2S, che si trova anche in natura.
È un gas tossico, e come tale pericoloso inquinante, (agisce come veleno nel sangue riducendo l'ossiemoglobina), incolore, con odore di uova putride, che viene facilmente assorbito dall'acqua a temperatura ambiente.
Allo stato liquido è un buon solvente per molte sostanze organiche.
Si forma nelle putrefazioni delle sostanze organiche contenenti zolfo ed è presente in natura nelle regioni vulcaniche in alcune emanazioni vulcaniche o disciolto nelle acque di sorgenti termali cosiddette sulfuree.
Essendo diprotico, l'acido solfidrico da luogo a solfuri e a idrogenosolfuri.
I solfuri sono i composti dello zolfo con elementi di elettronegatività non inferiore a quella dello zolfo stesso; in particolare i solfuri metallici possono essere considerati sali dell'acido solfidrico.
Tra i solfuri ricoprono un ruolo importante il solfuro di sodio Na2S·9H2O, polvere cristallina bianca o giallastra, usata come depilatorio delle pelli prima della concia, nell'industria chimica, nell'industria cartaria, etc., il solfuro di ammonio (NH4)2S utilizzato nell'industri dei colorantie dei pigmenti, delle fibre tessili, in conceria, etc. e il già citato solfuro di carbionio CS2.
Non meno importante è il solfuro di sodio.
Sono stati descritti circa una decina di diversi ossidi di zolfo, alcuni però del tutto instabili e altri non ben caratterizzati; molto importanti sono il diossido e il triossido.
Il diossido di zolfo SO2, (detto anche impropriamente anidride solforosa), corrisponde allo stato di ossidazione +4. È un gas di odore irritante e soffocante, si trova in natura nelle emanazioni vulcaniche o disciolto nelle acque di certe sorgenti termali.
Si forma inoltre nella combustione dello zolfo e di composti organici solforati.
Possiede caratteristiche riducenti; è solubile in acqua a cui impartisce reazione acida per formazione di acido solforoso.
Il triossido di zolfo SO3, (detto anche impropriamente anidride solforica) corrisponde allo stato di ossidazione +6; è costituito da molecole SO3 in equilibrio con quelle del trimero ciclico S3O9, il quale solidificando passa interamente nella forma trimera.
La forma monomera SO3 (per esempio nel vapore) è costituita da molecole planari (ibridazione sp2, angoli di legame di 120°).
Si combina violentemente con acqua per dare acido solforico; viene fatta assorbire da soluzioni di tale acido concentrato per preparare gli oleum impiegati nelle solfonazioni.
Fuma fortemente all'aria umida e con acqua reagisce violentemente dando acido solforico.
È anche un energico ossidante ed è fortemente caustica.
Tra gli ossoacidi dello zolfo molto importante è l'acido solforico H2SO4, ottenibile per idratazione di SO3; è un acido diprotico, cui corrispondono come sali gli idrogenosolfati (per esempio idrogenosolfato di potassio, KHSO4) e i solfati (per esempio solfato di sodio Na2SO4).
È presente in tracce in acque sorgive e largamente rappresentato in natura da alcuni suoi sali: i solfati. Noto agli alchimisti arabi sin dal X secolo, fu descritto nelle sue proprietà sin dal 1600 (quando ebbe il nome di olio di vetriolo); la sua produzione industriale ebbe inizio dalla metà del sec. XVIII.
Il composto puro e anidro è un liquido incolore oleoso, fortemente corrosivo, igroscopico, che fuma all'aria emanando vapori di SO3 e solidifica per raffreddamento.
Ha una dissociazione completa per il primo stadio H2SO4 → H+ + HSO4− ; anche la seconda dissociazione è notevolmente spostata verso destra HSO4− → H+ + SO42− ; quindi l'acido solforico è complessivamente un acido forte.
È miscibile con acqua in tutte le proporzioni con forte sviluppo di calore; per evitare pericolosi spruzzi si deve perciò versare cautamente l'acido nell'acqua (e non viceversa) agitando la soluzione.
È miscibile in tutte le proporzioni anche con triossido di zolfo SO3, con formazione di soluzioni oleose (oleum o acido solforico fumante).
Aggiungendo SO3 a HF (entrambi anidri) si ottiene, per sostituzione di un gruppo —OH dell'acido solforico con un atomo di fluoro, l'acido fluorosolforico FSO3H, tra i più forti acidi conosciuti, stabile anche all'ebollizione.
Per sostituzione (formale) nell'acido solforico di un gruppo —OH con un gruppo —SH si ha l'acido tiosolforico H2S2O3.
Gli acidi polisolforici si ottengono dalla reazione di SO3 con le quantità calcolate di H2SO4 (o di H2O), e si possono far derivare formalmente dalla condensazione (con eliminazione di acqua) di due o più molecole di acido solforico.
Tra questi il meglio caratterizzato è l'acido disolforico (o acido pirosolforico) H2S2O7, contenuto nell'acido solforico fumante (oleum).
Nelle soluzioni acquose di SO2 non esiste l'acido solforoso H2SO3 (puramente ipotetico), ma di questo si conoscono i sali, i solfiti.
Il solfito di sodio Na2SO3, si può ottenere per neutralizzazione di SO2 con la quantità stechiometrica di soluzione di idrossido di sodio NaOH; se il rapporto molare è 1:1 si forma in soluzione lo ione idrogenosolfito, HSO3−, in equilibrio con lo ione disolfito, S2O52−, e per evaporazione della soluzione cristallizza il disolfito di sodio (detto anche metabisolfito) Na2S2O5.
Barite
Utilizzo dello zolfo
Lo zolfo elementare è utilizzato nella preparazione della pasta di legno per la carta, in agricoltura come anticrittogamico, nella preparazione degli esplosivi, fuochi artificiali e fiammiferi, nell'industria della gomma come componente di sistemi di vulcanizzazione, nella preparazione di acido solforico, solfuro di carbonio e moltissimi altri suoi composti.
Metodo di produzione dello zolfo
Lo zolfo può essere estratto dai giacimenti dell'elemento grezzo oppure ricavato da minerali solforati nonché dai gas solforati naturali o provenienti dalla lavorazione del petrolio, può essere ottenuto da arrostimento di minerali ai solfuri o dalla combustione di combustibili (solidi, liquidi o gassosi) contenenti composti di zolfo, può anche essere ottenuto come sottoprodotto della desolforazione di petrolio e carbone.
Estrazione di zolfo elementare: nei suoi giacimenti, spesso profondi centinaia di metri, lo zolfo è mescolato a una ganga (solfato e carbonato di calcio, argille, sostanze bituminose e carboniose), a costituire un minerale grezzo con un tenore in zolfo generalmente inferiore al 60%.
Il metodo più semplice per separare lo zolfo dalla ganga è quello di riscaldare la roccia estratta dalla miniera fino a far fondere e colare lo zolfo (ancora ricco di impurità).
Su tale metodo si basava l'estrazione dello zolfo in Sicilia; questi procedimenti sono ora praticamente abbandonati perché antieconomici.
Il procedimento di gran lunga più importante, applicabile però solo in determinate formazioni geologiche, è il metodo Frasch; impiega una sonda in acciaio formata da tre tubi concentrici, introdotta mediante trivellazione nel giacimento; attraverso l'intercapedine più esterna della sonda viene iniettata acqua surriscaldata a circa 165 °C e 18 atm, mentre dal tubo centrale si invia aria compressa a 20-30 atm.
Lo zolfo fonde e forma una emulsione con l'aria e l'acqua che, data l'elevata pressione, è forzata a risalire attraverso l'intercapedine intermedia; in superficie l'emulsione acquosa viene separata dall'aria e, dopo eventuale trattamento con caolino per eliminare le sostanze bituminose e carboniose, lo zolfo fuso viene raccolto e fatto solidificare.
Con il processo Frasch si ottiene un prodotto notevolmente puro (titolo ca 99,5%), indicato commercialmente come "sulfur brighi".
Produzione dai minerali solforati: il metodo più importante è l'estrazione dai solfuri, in particolare dalla pirite FeS2, che sfrutta la reazione di piroscissione a 600-1000 °C:
FeS2 → FeS + S
Produzione dai gas contenenti SO2: i gas provenienti dalla combustione di combustibili contenenti zolfo e dall'arrostimento all'aria di minerali costituiti da solfuri contengono sempre SO2, che può essere ridotto a zolfo elementare con metano o con carbone, ad alta temperatura e in presenza di catalizzatori.
Produzione dai gas contenenti H2S: buona parte della produzione mondiale di zolfo proviene dal recupero di gas contenenti solfuro di idrogeno, soprattutto dai gas naturali.
La miscela H2S + CO2, separata dal gas di partenza tramite assorbimento su opportuni solventi, viene mescolata alla quantità stechiometrica di aria e portata a temperatura elevata su catalizzatori solidi a base di allumina, in modo che si abbia la seguente reazione di ossidazione (processo Claus):
H2S + (½) O2 → H2O + S
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