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Platino

Proprietà e composti del platino

Il platino nativo (in lega con oro e argento) fu certamente impiegato già nell'antichità per fabbricare oggetti preziosi. Fu scoperto nel 1735 da A. de Ulloa nei minerali auriferi della Colombia. Riconosciuto come elemento nel 1750, fu chiamato”platina” per la sua somiglianza con l'argento (“plata” in spagnolo).

È un elemento raro che costituisce circa il 2·10-7 % della crosta terrestre.

Si trova generalmente allo stato elementare in lega con gli altri metalli del suo gruppo (rutenio, rodio, palladio, osmio, iridio) e inoltre con ferro, oro e argento, rame e nichel, in giacimenti primari a base di pirosseni e peridotiti o sotto forma di grani in giacimenti secondari di tipo alluvionale.

Esistono anche alcuni importanti minerali del platino, contenuti spesso in giacimenti primari di solfuro di ferro, nichel e rame, come la sperrylite PtAs2, la cooperite PtS, la braggite (Pt, Pd, Ni) S.

Il platino è un metallo bianco argenteo, molto duttile e malleabile e a elevata densità.

La sua conducibilità elettrica è relativamente bassa.

È un metallo nobile, forse il più inerte tra tutti dopo l'iridio.

A freddo è stabile (all'aria, all'acqua, agli acidi e agli alcali) e si discioglie solo molto lentamente (più velocemente se è in forma finemente suddivisa come il nero o la spugna di platino) in acqua regia, o in acido cloridrico in presenza di forti ossidanti.

A temperature elevate, mentre è stabile all'aria, è attaccato da vari reagenti e forma leghe con molti metalli: gli alogeni e diversi agenti alogenati lo attaccano (soprattutto se è finemente suddiviso e in presenza di acqua) tra i 300 e i 500°C.

Il platino in lamina sottile è permeabile all'idrogeno ad alta temperatura, in forma finemente suddivisa adsorbe notevoli quantità di gas, in particolare idrogeno, ossigeno e monossido di carbonio.

platino

Platino

Composti del platino

Il platino presenta nei suoi composti i numeri di ossidazione 0, +2, +4, +5, +6. I più importanti composti sono quelli corrispondenti ai valori +2 e +4. In tutti i suoi stati di ossidazione il platino ha una grande tendenza a formare complessi molto stabili, soprattutto in soluzione, dove generalmente non esistono ioni liberi Ptn+.

Il monossido di platino, di composizione all'incirca PtO, esiste anche nella forma diidrata PtO·2H2O, che si ottiene trattando con carbonato di potassio una soluzione acquosa di un sale di Pt (II) (per esempio K2[PtCl4)]. Anche il diossido di platino PtO2, si ottiene solo in diverse forme idrate.

Il dicloruro di platino PtCl2, forma nelle soluzioni di acido cloridrico concentrato l'acido tetracloroplatinico (II) H2[PtCl4].

Il tetracloruro di platino PtCl4, in soluzione di acido cloridrico concentrato forma l'acido esacloroplatinico (IV) H2[PtCl6], composto tra i più importanti dell'elemento, che si forma anche nell'attacco del metallo con acqua regia:

3 Pt + 18 HCl + 4 HNO3 → 3 H2[PtCl6] + 4 NO + 8 H2O

Il platino ha una grandissima tendenza alla formazione di complessi di coordinazione in tutti i suoi stati di ossidazione, e in particolare nello stato +2.

Tra i complessi corrispondenti allo stato 0 dell'elemento, notevolmente stabili sono quelli con fosfine, come per esempio il tetra-(trifenilfosfina)platino, Pt[P(C6H5)3]4. Meno stabili sono quelli con ammine come per esempio il tetramminoplatino Pt(NH3)4.

Nello stato +2 il platino è praticamente sempre in forma di complessi (con leganti anionici, cationici e neutri), generalmente con coordinazione 4 e struttura quadrata planare, più raramente con coordinazione 6 ottaedrica.

Oltre allo ione tetracloroplatinato (II) [PtCl4]2−, si può ricordare lo ione tetramminoplatino (II), [Pt(NH3)4]2+, entrambi contenuti nel cosiddetto sale di Magnus e lo ione [Pt(CN)4]2−, molto stabile.

Nello stato +4 il platino forma complessi a coordinazione 6, ettaedrici.

Tra questi si ricorda l'esacloroplatinato (IV) [PtCl6]2−, ma ne esistono numerosi con leganti neutri azotati come l'ammoniaca e le ammine, come per esempio il tetraclorodiamminoplatino (IV) PtCl4(NH3)2.

Leghe metalliche del platino

Le leghe di platino sono meccanicamente più resistenti e più dure del metallo puro e, come nel caso delle leghe con il palladio, anche meno costose.

A parte l'impiego in gioielleria (il metallo è alligato con 20-30% di palladio), l'uso di queste leghe è molto specifico proprio a causa del costo.

Se il tenore di palladio è inferiore al 25%, la resistenza alla corrosione è paragonabile a quella del platino puro, per cui queste leghe trovano applicazione, per anodi insolubili nei processi elettrochimici.

Le leghe con l'iridio sono impiegate in gioielleria (5-10% di Ir), nei contatti elettrici e in strumenti medici (10-25% di Ir). Le leghe con il rodio (dal 10 al 40% di Rh) sono impiegate soprattutto per termocoppie e per termistori da usare in ambiente ossidante.

Leghe delle famiglie prima indicate sono usate nelle marmitte cosiddette autocatalitiche dei motori a scoppio per ottenere la combustione completa dei gas di scarico e nei processi di idrogenazione e di reforming, per la produzione di benzina ad alto numero di ottano, senza piombo (benzina verde).

Le leghe del platino con 2-8% di tungsteno sono impiegate per gli elettrodi di candele di accensione di motori di aereo e per griglie di tubi radar.

Utilizzo del platino

Importante è l'utilizzo del platino e delle sue leghe come catalizzatore in vari processi di ossidazione e riduzione. Viene largamente impiegato anche in campo elettrico per termocoppie, contatti elettrici e altri svariati usi.

Metodo di produzione del platino

I procedimenti di estrazione e di separazione del platino dai metalli che quasi sempre lo accompagnano (ferro, argento, oro e gli altri platinoidi) variano secondo il materiale di partenza.

In generale, dopo il normale arricchimento tramite flottazione e per via gravimetrica, il materiale viene sottoposto a operazioni di arrostimento seguite da lisciviazione con acidi.

Il residuo, contenente i metalli preziosi, dà, per fusione con ossido di piombo, una lega di piombo.

Da questa per fusione ossidante viene eliminata la maggior parte del piombo: la lega residua viene poi trattata prima con acido solforico che discioglie l'argento, poi con acqua regia che discioglie il platino, il palladio e l'oro e lascia indisciolti gli altri metalli del gruppo del platino.

Dalla soluzione viene prima precipitato l'oro per riduzione con solfato ferroso, quindi il platino (per aggiunta di cloruro di ammonio) come esacloroplatinato di ammonio, e infine il palladio (per aggiunta di ammoniaca) come diamminodicloropalladio.

Il precipitato di esacloroplatinato di ammonio viene calcinato, e il platino impuro così ottenuto viene sottoposto a ulteriori procedimenti di purificazione (da palladio, rodio e iridio) attraverso la formazione intermedia di esacloroplatinato di sodio e quindi nuovamente di esacloroplatinato di ammonio.

Si ottiene infine una spugna di platino (a un titolo di circa 99,8%) che può essere forgiata a caldo, e quindi fusa in lingotti in forni a induzione.

Il nero di platino può essere preparato mediante precipitazione del platino con opportuni riducenti delle soluzioni acide dei cloro-platinati (IV).

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