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E = m ∙ c2

Cosa rappresenta l'equazione E = m ∙ c2?

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Vuoi conoscere a cosa si riferisce l'equazione E = m ∙ c2?

Se si continua con la lettura dell'articolo anche perché, oltre a spiegare il significato dell'equazione E = m ∙ c2 verificheremo tale equazione.

L'equazione E = m ∙ c2, dimostrata da Einstein, afferma che la massa non è altro che una forma di energia e che massa ed energia si possono convertire l'una nell'altra.

In particolare se ad un corpo viene fornita una certa energia E, la sua massa non si conserva ma aumenta di una quantità pari a:

Δm = E / c2

Considerando che la velocità della luce (c) è già un valore altissimo, 3∙108 m/s, questa massa sarà evidenziata quando le energie in gioco diventano veramente notevoli, cioè quando si cerca di portare un corpo a velocità altissime, altrimenti la variazione di massa diventa impercettibile.

Allo stesso modo si può affermare che l'energia che si può ottenere a partire da una massa m è pari a:

E = m ∙ c2

Questa equazione svelò finalmente il mistero che si celava dietro alle misteriose emissioni di energia da elementi radioattivi come ad esempio il radio o il polonio, scoperti qualche anno prima da Maria Curie.

Dimostrazione dell'equazione E = m ∙ c2

Partiamo dal secondo principio della dinamica secondo cui un corpo di massa m soggetto ad una forza di modulo F accelera con accelerazione a pari a:

a = F / m

Ricordando che l'accelerazione a è il rapporto tra variazione di velocità e intervallo di tempo:

a = ∆v / ∆t

Otteniamo:

∆v / ∆t = F / m

cioè:

F ∙ ∆t = m ∙ ∆v

Questa è la forma classica del teorema dell'impulso. Però secondo la formula precedente potremmo far variare la velocità del corpo, anche in un intervallo sufficientemente lungo, fino a fargli superare la velocità della luce. Questo in aperta contraddizione con le leggi della relatività.

Ma alla luce di quanto detto, abbiamo compreso che la massa m di un corpo non è una grandezza assoluta e costante ma dipende anche essa dalla velocità con cui il corpo procede, se misurata in sistemi di riferimento esterni.

Dunque il teorema dell'impulso risulta ancora valido se non si approssima Δm con m. E lo si può riscrivere come:

F ∙ ∆t = ∆m ∙ ∆v

ovvero:

F ∙ ∆t = ∆(m∙v)

Cerchiamo di calcolare quanto vale la grandezza Δ(m∙v) cioè la variazione del prodotto di massa e velocità del corpo.

Supponiamo che il corpo abbia massa iniziale e velocità iniziale rispettivamente pari a m e v e che dopo un certo intervallo di tempo Δt assuma valori m+Δm per la massa e v+Δv per la velocità. Allora:

∆(m∙v) = (m+Δm) ∙ (v+Δv) - m∙v = m∙Δv + v∙Δm + Δm∙Δv + m∙v - m∙v

Semplificando i due termini uguali ed opposti:

∆(m∙v) = m∙Δv + v∙Δm + Δm∙Δv

Ora le variazioni di Δm e Δv possono essere trascurati se rapportati a m e a v, dunque anche il prodotto Δv∙Δm può risultare trascurabile. Pertanto abbiamo ottenuto che:

∆(m∙v) = m∙Δv + v∙Δm

Sostituendo nell'equazione del teorema dell'impulso:

F ∙ ∆t = ∆(m∙v)

F ∙ ∆t = m∙Δv + v∙Δm

Avendo assunto Δv trascurabile rispetto a v, allora possiamo affermare che il corpo percorre una distanza Δx pari a:

Δx = v ∙ Δt

e quindi il lavoro della forza che provoca tale spostamento è pari a:

L = F∙Δx = F∙v∙Δt

Per il teorema dell'energia cinetica, il lavoro fornito al corpo è uguale alla variazione di energia cinetica ΔEK:

ΔEK = L = F∙v∙Δt

Inseriamo questa formula in:

F∙∆t = m∙Δv + v∙Δm

ed otteniamo:

ΔEK / v = m∙Δv + v∙Δm

Moltiplichiamo ambo i membri per v:

ΔEK = m∙v∙Δv + v2∙Δm

Sappiamo che l'espressione che lega la massa relativistica a quella a riposo e alla velocità v è:

massa relativistica

Eleviamo al quadrato ambo i membri:

quadrato della massa relativistica

Da cui:

m2 ∙ (c2 - v2) = c2 ∙ m02

Quando la massa diventa m + Δm e la velocità v + Δv, la relazione appena scritta diventa:

[(m+Δm)]2 ∙ [c2 - (v+Δv)2] = c2 ∙ m02

(m2 + ∆m2 + 2 ∙ m ∙ ∆m) ∙ (c2 - v2 - ∆v2 - 2∙v∙∆v) = c2 ∙ m02

m2 ∙ c2 - m2 ∙ v2 - m2 ∙ ∆v2 - 2 ∙ m2 ∙ v ∙ ∆v + ∆m2 ∙ c2 - ∆m2 ∙ v2 - ∆m2 ∙ ∆v2 - 2 ∙ ∆m2 ∙ v ∙ ∆v + 2 ∙ m ∙ ∆m ∙ c2 - 2 ∙ m ∙ ∆m ∙ v2 - 2 ∙ m ∙ ∆m ∙ ∆v2 - 4 ∙ m ∙ ∆m ∙ v ∙ ∆v = c2 ∙ m02

Trascurando i termini di Δm2 e Δv2 e i prodotti Δm∙Δv otteniamo:

m2 ∙ c2 - m2 ∙ v2 - 2 ∙ m2 ∙ v ∙ ∆v + 2 ∙ m ∙ ∆m ∙ c2 - 2 ∙ m ∙ ∆m ∙ v2 = c2 ∙ m02

m2 ∙ (c2 - v2) - 2 ∙ m2 ∙ v ∙ ∆v + 2 ∙ m ∙ ∆m ∙ c2 - 2 ∙ m ∙ ∆m ∙ v2 = c2 ∙ m02

Sottraiamo ora membro a membro le due equazioni:

m2 ∙ (c2 - v2) = c2 ∙ m02

e

m2 ∙ (c2 - v2) - 2 ∙ m2 ∙ v ∙ ∆v + 2 ∙ m ∙ ∆m ∙ c2 - 2 ∙ m ∙ ∆m ∙ v2 = c2 ∙ m02

ottenendo:

m2 ∙ (c2 - v2) - [m2 ∙(c2 - v2) - 2 ∙ m2 ∙ v ∙ ∆v + 2 ∙ m ∙ ∆m ∙ c2 - 2 ∙ m ∙ ∆m ∙ v2] = 0

da cui:

m2 ∙ (c2 - v2) - m2 ∙(c2 - v2) + 2 ∙ m2 ∙ v ∙ ∆v - 2 ∙ m ∙ ∆m ∙ c2 + 2 ∙ m ∙ ∆m ∙ v2 = 0

Semplificando:

2 ∙ m2 ∙ v ∙ ∆v - 2 ∙ m ∙ ∆m ∙ c2 + 2 ∙ m ∙ ∆m ∙ v2 = 0

Dividiamo per 2∙m entrambi i membri:

m ∙ v ∙ ∆v - ∆m ∙ c2 + ∆m ∙ v2 = 0

m ∙ v ∙ ∆v + ∆m ∙ v2 = ∆m ∙ c2

Ma avevamo prima trovato che la variazione di energia cinetica ΔEK valeva:

∆EK = m ∙ v ∙ Δv + v2 ∙ Δm

Per cui:

∆EK = Δm ∙ c2

Nell'ipotesi che il corpo inizialmente sia fermo e quindi ΔEK = EK,finale e che Δm = m – m0 allora:

EK,finale = (m - m0) ∙ c2 = m ∙ c2 - m0 ∙ c2

Indicando allora con E la somma di energia cinetica e di energia a riposo E = K + E0 si ottiene:

E = m ∙ c2

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