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Radio

Proprietà e composti del radio

Il radio è un metallo argenteo-lucente (se appena tagliato), abbastanza molle.

Scoperto a causa della sua radioattività (e isolato) nella pechblenda nel 1898 dai coniugi Curie, è un elemento diffuso in natura ma raro: si trova, essenzialmente sotto forma di composti corrispondenti allo stato di ossidazione +2 degli isotopi 226 e 228, nella crosta terrestre e nelle acque marine, a concentrazioni rispettivamente di IO-6 ppm e di 10-11 ppm ca.

Tutti i suoi isotopi (a numeri di massa compresi tra 213 e 230), sia quelli presenti in natura sia quelli artificiali, sono radioattivi e generalmente a vita breve, a eccezione di 226Ra e di 228Ra.

Il 226Ra, l'isotopo più importante e più longevo, emette particelle alfa decadendo a 222Rn, con un tempo di dimezzamento di 1602 anni; essendo un membro della famiglia radioattiva del 238U, è presente in tutti i minerali dell'uranio (e in particolare nella pechblenda) in equilibrio radioattivo con il progenitore e con tutti i prodotti del decadimento.

Il 226Ra è fortemente radioattivo, tanto che la prima unità adottata di radioattività fu il curie (corrispondente esattamente a 3,7·1010 disintegrazioni al secondo), definita allora come l'attività corrispondente a 1 g di radio.

Il 228Ra (tempo di dimezzamento 5,77 anni) appartiene alla famiglia radioattiva del 232Th e si trova pertanto in piccolissima quantità nei minerali contenenti torio, per esempio la monazite.

Composti del radio

Il radio è un elemento molto reattivo, simile al bario: reagisce violentemente con l'acqua e con l'ammoniaca, reagisce con l'ossigeno, l'azoto, lo zolfo e con quasi tutti i non-metalli, formando composti corrispondenti sempre al suo stato di ossidazione +2.

Tutti i composti e i sali di radio hanno proprietà simili ai corrispondenti composti del bario; la loro intensa radioattività li rende però luminescenti e ne provoca in molti casi una decomposizione chimica spontanea nel tempo.

Tra questi si possono ricordare il solfato di radio (RaSO4), solido bianco stabile, praticamente insolubile in acqua; il carbonato di radio (RaCO3), poco solubile; il bromuro di radio (RaBr2), le cui soluzioni acquose si decompongono per idrolisi; l'idrossido di radio [Ra(OH)2], base forte solubile in acqua.

Utilizzo del radio

Data la sua intensa radioattività e la sua tendenza (come tutti i metalli alcalino-terrosi) a fissarsi nell'organismo e in particolare nelle ossa, se ingerito è molto tossico per l'uomo e gli animali, causando anemie e formazioni cancerose: è stato stimato che la quantità massima cumulativa tollerabile per l'ingestione durante l'intera vita sia per l'uomo intorno a 10-6 g.

Anche per questi motivi il radio, che ha avuto in passato importanti applicazioni terapeutiche (radioterapia), nonché impieghi nelle vernici luminescenti a base di solfuro di zinco, ha attualmente applicazioni molto limitate come sorgente di radiazioni a (alfa), in miscela con elementi leggeri (come il berillio) come sorgente di neutroni, e ancora in vernici luminescenti per impieghi particolari.

Metodo di produzione del radio

Il radio può essere ottenuto a partire dai minerali di uranio, come sottoprodotto dell'estrazione di quest'ultimo.

A questo scopo il minerale, dopo concentrazione e arrostimento, viene trattato con acido solforico: con il bario resta nel residuo insolubile sotto forma di solfati, che vengono convertiti in carbonati.

Dopo altre purificazioni, la miscela di carbonati trattata con acido bromidrico viene trasformata nei bromuri di radio e di bario.

La cristallizzazione frazionata permette di ottenere un bromuro di radio a purezza del 90% circa.

Una purificazione ulteriore del bario (il cui tenore può divenire inferiore all'I%) può essere effettuata con procedimenti di cromatografia a scambio ionico.

Il radio metallico può essere ottenuto per elettrolisi del cloruro o del bromuro.

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