Teoria della tettonica a zolle
Cosa afferma la teoria della tettonica a zolle crostali?
Con il termine di orogenesi (introdotto nella letteratura geologica dall'americano F. Gilbert nel 1890) si intende l'insieme dei grandiosi fenomeni che hanno causato, e causano tuttora, la formazione delle montagne.
Si è sempre tentato di trovare una spiegazione il più possibile unitaria ai processi orogenetici e ciò ha portato al sorgere di numerose teorie generali diverse e talvolta addirittura tra loro contrastanti.
Le teorie orogenetiche possono essere divise in due gruppi:
- teorie verticaliste che, sia pure con differenti motivazioni, interpretano i processi orogenetici come causati da vasti movimenti verticali della crosta;
- teorie orizzontaliste, che spiegano i processi orogenetici con grandi spostamenti orizzontali delle masse crostali.
Tralasciando per semplicità le numerose variazioni apportate alle principali teorie si possono ascrivere al primo gruppo la teoria delle undazioni e la teoria dell'espansione globale.
Al secondo gruppo possiamo ascrivere la teoria della deriva dei continenti e la teoria della tettonica a zolle.
In questa sede affronteremo la teoria della tettonica a zolle.
Spiegazione della teoria della tettonica a zolle crostali
La teoria della tettonica a zolle consente non solo di spiegare l'orogenesi ma anche i grandi processi geodinamici a scala planetaria che mutano continuamente il volto della Terra.
È una teoria che si è andata sviluppando a partire dai dati sempre più numerosi che fanno ritenere i fondi oceanici aree crostali in continuo accrescimento a partire dalle dorsali.
I meccanismi genetici di questo grandioso processo di crescita crostale, che raggiunge velocità geologicamente considerevoli (centimetri per anno per oceano), non sono ancora chiari in tutti i loro particolari, ma l'accrescimento o "espansione" dei fondi oceanici (sea floor spreading) resta ormai provato al di là di ogni pur ragionevole dubbio su alcuni suoi aspetti.
Secondo la teoria, la parte più esterna della Terra (litosfera) è suddivisa in un certo numero di zolle semirigide, di centinaia di migliaia o di milioni di chilometri quadrati di superficie e spessori di circa un centinaio di chilometri (da 70 a 125).
Queste zolle "galleggiano" sulle parti più profonde e meno rigide del nostro pianeta (astenosfera).
La zona di passaggio tra litosfera e astenosfera costituisce un intervallo con rigidità ancora minore nel quale le onde sismiche subiscono una diminuzione di velocità (low velocity channel).
I margini delle zolle sono dotati di attività sismica, giacché questi piastroni crostali sono in continuo movimento l'uno rispetto all'altro.
Si possono distinguere tre tipi di margini:
- di accrescimento;
- di inghiottimento;
- di scorrimento.
I margini di accrescimento corrispondono alle dorsali oceaniche, lungo le quali vengono a contatto due zolle adiacenti.
In corrispondenza delle dorsali, che sono linee di tensione, nuovi materiali basici e ultrabasici, quali peridotiti, gabbri e basalti, risalgono continuamente dall'astenosfera verso la superficie e si aggiungono a quelli costituenti le due zolle che vanno crescendo così con simmetria centrifuga.
I materiali basici, iniettati sotto forma di grandi masse magmatiche, passano verso l'alto a sciami di filoni, seguiti da effusioni sul fondo oceanico.
Quando queste rocce raffreddandosi scendono al di sotto di una certa temperatura critica (punto di Curie), acquistano una magnetizzazione termorimanente che è quella del luogo e del momento in cui si sono consolidate e ciò costituisce un elemento di fondamentale importanza nella conoscenza della dinamica crostale.
Infatti il rilevamento magnetico dei fondi oceanici non solo ha chiaramente mostrato il fluire della crosta, ma ha anche permesso di osservare come ai due lati delle dorsali si succedono simmetricamente fasce caratterizzate, alternativamente, da campo magnetico normale (cioè dello stesso segno di quello attuale) e campo magnetico invertito.
La datazione assoluta delle lave effuse ha permesso infine di valutare la velocità di allargamento dei fondi oceanici e la durata dei periodi a polarità normale e inversa.
I margini di inghiottimento sono ubicati al bordo dei continenti e sono caratterizzati da fosse oceaniche e archi di isole, da catene di montagne, o da entrambe le strutture.
Lungo questi margini una delle due zolle, costituita di regola da crosta oceanica, tende a sottoscorrere all'altra, normalmente costituita da crosta continentale.
Lo scorrimento può essere documentato fino alla profondità di oltre 700 km lungo un "piano" inclinato da 15° a 75°.
Questo piano è infatti sede di elevata attività sismica; la sua esistenza era stata scoperta molti anni fa dal sismologo H. Benioff (piano di Benioff). Nella zolla che sovrascorre, invece, si manifesta un'intensa attività vulcanica.
I processi orogenetici si verificano all'incontro tra la crosta oceanica di una zolla in inghiottimento e la crosta continentale della zolla che le scorre sopra.
I margini di scorrimento, infine, sono legati al movimento disuniforme delle zolle.
Quando due zolle si muovono nella stessa direzione ma con diversa velocità, si fratturano dando luogo a grandi faglie che si estendono per migliaia di chilometri.
Gli spostamenti laterali per centinaia, o molte centinaia di chilometri, lungo i lati di queste faglie possono essere compensati dalla formazione di nuova crosta lungo le dorsali e dal raccorciamento della crosta lungo una fascia orogenica o lungo un margine di inghiottimento.
Data l'alta velocità di movimento delle zolle (decine di chilometri per milione di anni), se si prendono in considerazione intervalli temporali anche solo dell'ordine del centinaio di milioni di anni, appare chiaro che devono necessariamente verificarsi delle modifiche nei limiti tra le zolle adiacenti e nei loro rapporti; e ciò è ancor più evidente se si considerano i punti di giunzione tripla.
Ora per ogni particolare tipo di rapporti tra due zolle si verificano diverse condizioni tettoniche e litogenetiche che conducono alla formazione di particolari aggruppamenti di rocce sedimentarie, ignee e metamorfiche (associazioni petrotettoniche).
Lo studio della successione spaziotemporale delle associazioni petrotettoniche, che attualmente si ritrovano - deformate e parzialmente tra loro sovrapposte - in una catena di montagne, può consentire di ricostruire, almeno in parte, i passati rapporti tra le zolle e di risalire in tal modo alle varie tappe successive della formazione di quella stessa catena.
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