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Donna Prassede

Donna Prassede nel romanzo "I promessi sposi"

Donna Prassede è uno dei personaggi del romanzo "I promessi sposi".

Donna Prassede è una nobile venuta a Milano, insieme al marito don Ferrante, dalla Spagna  che si ritiene con superbia un modello  di comportamento e di moralità.

Si offre di ospitare Lucia dopo la sua liberazione nella casa di Milano, più per dovere che per una spontanea e profonda inclinazione al bene.

Il  carattere di donna Prassede

La nobile è convinta di conoscere cosa sia il bene, di sapere quello che gli altri devono o non devono fare, così sente su di sé il compito missionario di allontanare il male e correggere gli errori del prossimo.

Donna meschina, di scarsa intelligenza e di poche idee, quasi tutte distorte dai suoi limitati giudizi.

Si sente ispirata da due stelle: quella del sentirsi predestinata a fare il bene e orientare il prossimo sulla retta via e quella del pregiudizio secondo cui chiunque si discosti dalle leggi dello Stato o che sia in rapporto affettivo con i dissidenti, abbia delle tare, delle "magagne" , che solo chi possiede, come lei, il privilegio di conoscere la verità, può  curare e guarire.

Si considera piena di carità per gli altri, per i più bisognosi  soprattutto  di sostegno morale, perché sopraffatti dall'errore, e per loro lei è lo stereotipo della dama di carità, della nobildonna che tra tutti gli impegni che svolge ha anche quello del sostegno da dare a chi ritenga degno della sua attenzione.

Si tratta di un modello di donna che si ritiene depositaria  di una verità assoluta, di appassionata carità, di fedeltà alle norme evangeliche.

Una religione vuota e astratta

Manzoni è molto abile e acuto nel fornire un ritratto asciutto e impietoso di questo personaggio ed è chiaro il suo giudizio e la sua considerazione: donna Prassede, per l'autore, è il prototipo della falsità, dell'ipocrisia, dell'immoralità e soprattutto di un atteggiamento anticristiano.

Ciò che la caratterizza è la mancanza di umiltà, la vanità aristocratica, il privilegio di casta, l'adesione ad un formalismo esteriore ed ad una religione di facciata, imposta da una Chiesa autoritaria e dogmatica.

In lei manca la carità sincera e il rispetto dell'altro;  in lei vi è solo la convinzione sbagliata di bastare a se stessa. In questa posizione assolutamente autoreferenziale non arriva a comprendere che l'uomo è un essere debole e bisognoso, dall'intelletto limitato, che non può nulla senza essere illuminato  e sorretto dalla Grazia.

Donna Prassede non arriverà mai a pensare di essere tra quelli che possono essere giudicati, corretti e ripresi; è troppo sicura di sé, è presuntuosa ed è così convinta di essere depositaria della verità sul piano morale e religioso che si preclude ogni tentativo di salvezza.

A suo paragone personaggi come Gertrude (la monaca di Monza) e l'Innominato hanno più possibilità di pentirsi e di ottenere il perdono e la Grazia, perché in loro c'è tormento interiore, insoddisfazione, domanda, ricerca di una verità che appaga e rende felici; in questi peccatori è presente il senso del loro limite e quindi anche la possibilità di salvarsi ed essere abbracciati da Cristo.

Emblematico è l'atteggiamento di donna Prassede  nei confronti di Lucia: infatti si era messa in testa che Lucia, in quanto promessa sposa ad uno "scampaforca" come Renzo, fosse anche lei una poco di buono e pertanto dovesse essere ripresa e corretta (riferimento nel capitolo 25 dei Promessi Sposi).

Questa nobildonna ha la presunzione prometeica di liberare il mondo dal male, di sostenere i peccatori, ma è priva di indulgenza verso il prossimo ed è sorretta solo da un'intransigente superbia, da un orgoglio infinito, che rappresentano i peccati più gravi verso Dio e i limiti invalicabili che chiudono la via alla redenzione.

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