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Riassunto capitolo 5 dei Promessi Sposi

Riassunto capitolo 5 dei Promessi Sposi di Alessandro Manzoni

In questa sezione del sito è possibile leggere il riassunto del capitolo 5 dei Promessi Sposi.

Arrivato a destinazione, padre Cristoforo (la cui figura è stata introdotta nel riassunto capitolo 4 dei Promessi Sposi) capisce subito la gravità della situazione e, dato che Lucia scoppia a piangere, invita Agnese, la madre di Lucia, a raccontare i fatti.

Il buon padre conforta le donne e promette di non abbandonarle in questa situazione angosciosa e difficile. è certo che Dio opera sempre anche nelle circostanze dolorose, si sente direttamente interpellato da Lui, così comincia a pensare ad una possibile soluzione.

Richiamare al dovere don Abbondio e fargli provare vergogna non servirebbe, perché; il curato è spaventato solo dalle schioppettate; informare il cardinale e invocare la sua autorità richiederebbe troppo tempo; un'illusione pensare di essere sostenuto dai confratelli cappuccini di Pescarenico e di Milano, proprio perché; don Rodrigo (la cui figura è stata introdotta nel riassunto primo capitolo dei Promessi Sposi) è ritenuto un amico del convento.

Padre Cristoforo decide di affrontare don Rodrigo

Valutate attentamente tutte le ipotesi, padre Cristoforo decide di affrontare direttamente il prepotente, per cercare di dissuaderlo dal suo proposito, facendo leva sul timore di una punizione divina e sull'angoscia della dannazione eterna.

Sopraggiunge anche Renzo Tramaglino, arrabbiato e deluso dagli amici che si sono rifiutati di divenire complici di un assassinio, che viene amorevolmente ripreso dal frate e allontanato dai suoi progetti di vendetta.

Il padre si mette in cammino verso il palazzo di don Rodrigo che sorgeva sulla cima di un colle e aveva l'aspetto di una piccola fortezza, testimonianza della bassa autorità e della mediocre potenza di un tiranno di provincia. Ai piedi del colle si potevano notare alcune case, abitate dai contadini del signorotto, che all'occorrenza diventavano bravi, pronti a qualsiasi violenza.

Anche i vecchi erano arcigni e irosi, come le donne, dai modi maschili, e i bambini stessi che sembravano petulanti e maliziosi.

La porta del palazzo era chiusa, segno che all'interno stavano mangiando. Regnava un gran silenzio, che faceva sembrare quel luogo abbandonato, se non per la presenza di quattro creature sulla soglia: due morte e due vive. Due avvoltoi spennacchiati erano inchiodati sull'uscio e due bravi di guardia dormivano su due panche.

Notato da uno dei bravi, padre Cristoforo viene fatto accomodare e condotto nella sala da pranzo da un vecchio servitore.

Attilio, il cugino di don Rodrigo, lo invita calorosamente ad entrare e a sedersi con gli altri commensali: il conte Attilio appunto, che era venuto da Milano a trascorrere qualche giorno con don Rodrigo e complice della prepotenza verso Lucia, il podestà di Lecco, il dottor Azzecca-garbugli (riferimento nel riassunto terzo capitolo dei Promessi Sposi), e due convitati di oscura origine, parassiti ossequiosi e servili.

Il banchetto dei potenti

Il padrone di casa, non senza cattivi presentimenti, invita il frate a sedersi e questi lo informa che deve parlargli di una questione molto seria.

Tra i commensali ferve una discussione molto animata, ma su argomenti superficiali e mondani: si parla di regole di cavalleria e se sia più o meno lecito bastonare un messaggero che porta ad un cavaliere un avviso di sfida di un altro cavaliere.

Viene richiesto anche il parere del padre che, costretto a rispondere, espone la sua opinione che scaturisce da un mondo molto diverso da quello dei commensali. È la voce dell'uomo di fede, dell'uomo nuovo che ha conosciuto i costumi selvaggi di un'epoca violenta, ma ha anche avuto il coraggio di abbandonarli, per abbracciare la serenità che viene da Dio.

La risposta che dà richiama la legge evangelica della non violenza, senza sfide, cavalieri, messi e bastonate. Per troncare la discussione, don Rodrigo ne introduce un'altra inerente ad un compromesso tra Francia da una parte e Spagna e Impero dall'altra, nella guerra di successione per il ducato di Mantova.

Alla morte di Vincenzo Gonzaga, duca di Mantova e rimasto senza eredi, viene nominato suo successore nel suddetto ducato, il duca di Nevers, appoggiato da Luigi XIII, o meglio dal cardinale di Richelieu, lo statista che aveva effettivamente il comando del Regno.

La cosa è sgradita a Filippo IV di Spagna, o per meglio dire al conte di Olivares, duca di San Lucar, primo ministro del Regno spagnolo, che mal vedeva collocarsi, ai confini dello Stato di Milano, un principe alleato dell'avversa Francia. Entrambe le parti brigano per ottenere l'appoggio dell'imperatore Ferdinando II d'Asburgo.

La discussione tra i commensali si infervorisce, ma ancora una volta interviene don Rodrigo a placare gli animi, proponendo un brindisi per il conte di Olivares.

L'Azzecca-garbugli è tra coloro che aderisce con servile entusiasmo e fa l'elogio del vino e dell'accoglienza del padrone di casa, scongiurando la carestia, che diviene argomento dell'ennesima discussione. Per gli ospiti la carestia non esiste; è solo colpa dei fornai assetati di guadagno, che andrebbero giustiziati.

Ad un certo punto don Rodrigo, innervosito dalla presenza di padre Cristoforo che attende pazientemente, decide di congedarsi dagli ospiti e dargli udienza.

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