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Impetus

Teoria dell'impetus

Nella fisica del XIV, XV e XVI secolo, il termine impetus fu utilizzato per spiegare il moto dei proietti dopo che essi si sono allontanati dal corpo che li ha lanciati.

La teoria dell'impetus, enunciata in diverse formulazioni e sfumature, venne ritenuta valida finché Galileo Galilei non spiegò tale movimento del proietto mediante l'inerzia della sua massa.

Aristotele, negando il vuoto e ammettendo che qualunque cosa poteva muoversi solo se a contatto diretto con il suo motore, spiegava il moto di un proiettile affermando che tale motore imprimeva all'aria circostante una parte della propria forza motrice, cosicché tale forza derivata poteva muovere il corpo ancora per un certo tempo.

Osservando sperimentalmente la traiettoria dei proiettili, Leonardo da Vinci (1452-1519) intuì che la traiettoria di un proiettile era scomponibile in tre parti: la prima constava di una linea retta, come effetto dell'impetus, la seconda, verticale, era determinata dalla gravità e la terza di una linea curva in cui la gravità e l'impetus agivano congiuntamente.

L'opera di Leonardo fu ripresa dal matematico italiano Niccolò Tartaglia (Brescia, 1499 circa – Venezia, 13 dicembre 1557), per il quale la traiettoria del proiettile descrive una curva perché l'impetus e la gravità agiscono contemporaneamente.

Galileo Galilei (Pisa, 15 febbraio 1564 – Arcetri, 8 gennaio 1642), enunciando il principio d'inerzia ristretto, indicando nella parabola la traiettoria dei proiettili e descrivendo il parallelogramma delle forze, renderà superata la teoria dell'impetus, termine che, nei suoi scritti, appare con il significato di "momento della forza".

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